La sagra dell'uva più antica d'Italia dal 1925

Il Mitreo di Marino

Antico culto misterico legato all'astronomia

Mitreo di Marino, Dio Mitra, tauroctoinia
Mitreo di Marino, Dio Mitra, tauroctoinia

Che cos’è il Mitreo di Marino

Come tutti i mitrei in Italia, anche il mitreo di Marino ricrea la grotta in cui, secondo la leggenda, era nato il Dio Mitra, sempre rappresentato nell’atto di uccidere un toro bianco. 

Questa immagine simbolica, è definita “tauroctonia“, veniva di solito riprodotta su bassorilievi o gruppi scultori.

Il Mitreo di Marino, invece si contraddistingue perché il sacrificio del toro è riprodotto su un affresco dei colori sgargianti. Una caratteristica che condivide con il mitra e di Palazzo Barberini a Roma e di Santa Maria Capua Vetere, tutti idealmente collegati dall’antica Via Appia.

Sicuramente il Mitreo si trova a Marino perché la città stessa è stata fondata sugli antichi resti di Castrimoenium, un antico municipium romano, dove transitavano le truppe romane provenienti da tutti i territori dell’Impero Romano.

Chi era il dio Mitra

Mitra è una divinità dell’induismo e della religione persiana e anche un dio ellenistico e romano, che fu adorato nelle religioni misteriche dal I secolo a.C. al V secolo d.C.

Il dio entra nella storia greco-romana con l’espandersi dell’Impero romano: culti d’origine orientale vengono adottati dalla popolazione dell’Impero e interpretati in chiave misterica.

Il culto di Mitra non divenne mai popolare nell’entroterra greco, mentre si diffuse a Roma all’incirca nel I secolo d.C., si propagò attraverso tutto l’Impero romano e in seguito fu accolto da alcuni imperatori come una religione ufficiale, di pari passo con la diffusione del cristianesimo.

Il sacrificio caratteristico di questo nuovo culto, assente nel culto indo-persiano, era la tauroctonia. Il culto mitraico sembra essersi diffuso soprattutto nell’esercito e nella burocrazia imperiale.

Mitreo di Marino, Dio Mitra, tauroctoinia

E’ vietata la riproduzione anche parziale di immagini e foto.

La Tauroctonia

Come tutti i mitrei, anche quello di Marino ricrea la grotta in cui, secondo la leggenda, era nato Mitra, sempre rappresentato nell’atto di uccidere un toro bianco

Nel quadro principale, il Dio Mitra sacrifica il toro bianco, dalla cui coda spuntano delle Spighe, simbolo della fecondità della terra. Il cane e il serpente lambiscono il sangue che sgorga dalla ferita, mentre lo scorpione si accanisce sui testicoli della vittima.

Mitra ha la testa girata a sinistra verso il sole raggiante ha accanto un corvo nero, all’altro lato è raffigurata la luna con lo sguardo chino.

Tutta la scena è metafora del processo di rigenerazione dell’anima che è alla base del culto.

Un rito di fertilità e resurrezione ricco anche di significati astrologici e astronomici i vocali dai richiami alle costellazioni, come Canis, Hydra e Scorpius, che sembrano alludere alla precessione degli equinozi.

Il sacrificio sancirebbe quindi la fine dell’era del Toro, avvenuta per mano di Mitra, sul cui mantello spiccano sette stelle che ricordano i sette gradi della scala gerarchica mitraica.

Ai lati del dipinto ci sono 8 riquadri che raccontano la storia del dio Mitra, a partire da Giove, che scaglia saette contro i giganti dai piedi di serpente, e Saturno, che simboleggia l’età dell’oro. Nel terzo, Mitra nasce da una roccia, armato di pugnale e con una fiaccola in mano. Nelle scene seguenti, il dio doma il toro, lo sconfigge e stringe un patto di alleanza con il sole. Infine scaglia una freccia che fa zampillare l’acqua e permette il risveglio della natura.

E’ vietata la riproduzione anche parziale di immagini e foto.

Struttura del Mitreo di Marino

La cisterna, scavata nel peperino e destinata al servizio di una villa Patrizia, nel secondo sec secolo D.C, venne adattata al culto del Dio Mitra.

Al mitreo si accedeva dai gradini della cisterna.

Nella parete immediatamente contigua questi fu ricavato uno spazio nello spessore della muratura esistente preceduto da due gradini punto

L’ambiente buio era illuminato da flebili lucerne posizionate in nicchie ricavate nei muri laterali.

I fedeli venivano accolti dai ritratti di due dadofori: Cautes, con torcia alzata, che simboleggiava il giorno, l’aspetto positivo dell’esistenza, e Cautopates, con la torcia abbassata, a rappresentare il tramontare del Sole e la morte.

L’ambiente sorvegliato dai dadofori era chiuso da un divisorio, costituito da tavole incassate nel muro e da tendaggi che celavano la vista dell’altare.

Al fondo era l’immagine affrescata della scena mitraica dai colori intensi.

All’interno i fedeli prendevano posto sui sedili, di cui rimangono tracce ai lati del pavimento e sui muri, e partecipavano alle cerimonie e al banchetto rituale che venivano officiati dal Pater, la guida della comunità e rappresentante del dio mitra sulla terra.

L’identità di uno dei pater della comunità di Marino potrebbe essere rivelata dall’iscrizione presente sul Cippo votivo di Peperino posizionato davanti alla fresco.

E’ vietata la riproduzione anche parziale di immagini e foto.

La curiosa storia del suo ritrovamento in una cantina di Marino nel 1962

Nella primavera del 1962 Vincenzo Zoffoli, che due anni prima aveva comprato una cantina da Argeo Vergari in via Borgo Stazione 12 a Marino, dava inizio ad uno scavo già previsto nella compravendita, per l’ampliamento della cantina con una nuova grotta per la conservazione del vino.

Fortunatamente o sfortunatamente per lui, dietro un muro, scoprì un locale lungo più di 26 metri e largo 3,10, con una volta a botte ribassata alta 3 metri. Sarebbe bastato scavare qualche metro a destra per non rinvenire questo locale.

Possiamo immaginare lo stupore e la meraviglia dei presenti, nel percorrere al buio  quello strano corridoio, dove il tempo si era fermato per duemila anni, e alla fine trovare uno strano affresco dai colori vividi tra lo stupore e la meraviglia dei presenti.

In terra, di fronte alla pittura, trovarono anche un’altro reperto: un blocco di peperino, squadrato, rozzo nella manifattura su cui si potevano intravedere delle lettere al momento incomprensibili. Alto 120 centimetri e largo 32,5 con incisa su di un lato la seguente scritta:

INVICTO DEO CRESCES ACTOR ALFI SEBERI D P

(Al dio invitto pose come dono Cresces, amministratore di Alfio Severo).

Marino: "Vendesi affresco"

Il 6 febbraio del 1963 in un enigmatico articolo in apparso sulla  terza pagina senza  firma de Il Messaggero dal titolo: “Un tempio di Mithra nella cantina di un vinaio” e sempre sullo stesso giornale, nella rubrica “Antichità, oggetti d’arte e libri”, qualche giorno dopo fu pubblicato il seguente annuncio: “AFFRESCO del 50 dopo Cristo Dio Mithra vendo ad amatore“.

Diffusasi la notizia, il proprietario fu pressato dalle autorità competenti per non aver dato cenno della scoperta, e questo gli pregiudicò il riconoscimento del premio spettante a chi segnala scoperte di alto interesse storico ed artistico.

Così il soprintendente Iacopi comunicò alla Direzione Generale Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione, nel febbraio del 1963 l’importante scoperta archeologica avvenuta a Marino.

Nel 1972 finalmente lo Stato acquisiva il Mitreo.

Dal 25 settembre 2021 il Mitreo di Marino è visitabile in via Borgo della stazione , 12 a Marino. L’accesso avrà un costo di 8 euro per chi viene da fuori. La visita sarà disponibile solo su prenotazione in quanto l’area archeologica è visitabile per un tempo limitato e accessibile a gruppi di 15 persone (guida inclusa).

E’ vietata la riproduzione anche parziale di immagini e foto.

Testi di Enrico Di Lernia e Wikipedia.

Mitreo di Marino, Dio Mitra, tauroctoinia

Che cos’è il Mitreo di Marino

Come tutti i mitrei in Italia, anche il mitreo di Marino ricrea la grotta in cui, secondo la leggenda, era nato il Dio Mitra, sempre rappresentato nell’atto di uccidere un toro bianco. 

Questa immagine simbolica, è definita “tauroctonia“, veniva di solito riprodotta su bassorilievi o gruppi scultori.

Il Mitreo di Marino, invece si contraddistingue perché il sacrificio del toro è riprodotto su un affresco dei colori sgargianti. Una caratteristica che condivide con il mitra e di Palazzo Barberini a Roma e di Santa Maria Capua Vetere, tutti idealmente collegati dall’antica Via Appia.

Sicuramente il Mitreo si trova a Marino perché la città stessa è stata fondata sugli antichi resti di Castrimoenium, un antico municipium romano, dove transitavano le truppe romane provenienti da tutti i territori dell’Impero Romano.

Chi era il dio Mitra

Mitra è una divinità dell’induismo e della religione persiana e anche un dio ellenistico e romano, che fu adorato nelle religioni misteriche dal I secolo a.C. al V secolo d.C.

Il dio entra nella storia greco-romana con l’espandersi dell’Impero romano: culti d’origine orientale vengono adottati dalla popolazione dell’Impero e interpretati in chiave misterica.

Il culto di Mitra non divenne mai popolare nell’entroterra greco, mentre si diffuse a Roma all’incirca nel I secolo d.C., si propagò attraverso tutto l’Impero romano e in seguito fu accolto da alcuni imperatori come una religione ufficiale, di pari passo con la diffusione del cristianesimo.

Il sacrificio caratteristico di questo nuovo culto, assente nel culto indo-persiano, era la tauroctonia. Il culto mitraico sembra essersi diffuso soprattutto nell’esercito e nella burocrazia imperiale.

Mitreo di Marino, Dio Mitra, tauroctoinia

E’ vietata la riproduzione anche parziale di immagini e foto.

La Tauroctonia

Come tutti i mitrei, anche quello di Marino ricrea la grotta in cui, secondo la leggenda, era nato Mitra, sempre rappresentato nell’atto di uccidere un toro bianco

Nel quadro principale, il Dio Mitra sacrifica il toro bianco, dalla cui coda spuntano delle Spighe, simbolo della fecondità della terra. Il cane e il serpente lambiscono il sangue che sgorga dalla ferita, mentre lo scorpione si accanisce sui testicoli della vittima.

Mitra ha la testa girata a sinistra verso il sole raggiante ha accanto un corvo nero, all’altro lato è raffigurata la luna con lo sguardo chino.

Tutta la scena è metafora del processo di rigenerazione dell’anima che è alla base del culto.

Un rito di fertilità e resurrezione ricco anche di significati astrologici e astronomici i vocali dai richiami alle costellazioni, come Canis, Hydra e Scorpius, che sembrano alludere alla precessione degli equinozi.

Il sacrificio sancirebbe quindi la fine dell’era del Toro, avvenuta per mano di Mitra, sul cui mantello spiccano sette stelle che ricordano i sette gradi della scala gerarchica mitraica.

Ai lati del dipinto ci sono 8 riquadri che raccontano la storia del dio Mitra, a partire da Giove, che scaglia saette contro i giganti dai piedi di serpente, e Saturno, che simboleggia l’età dell’oro. Nel terzo, Mitra nasce da una roccia, armato di pugnale e con una fiaccola in mano. Nelle scene seguenti, il dio doma il toro, lo sconfigge e stringe un patto di alleanza con il sole. Infine scaglia una freccia che fa zampillare l’acqua e permette il risveglio della natura.

E’ vietata la riproduzione anche parziale di immagini e foto.

Struttura del Mitreo di Marino

La cisterna, scavata nel peperino e destinata al servizio di una villa Patrizia, nel secondo sec secolo D.C, venne adattata al culto del Dio Mitra.

Al mitreo si accedeva dai gradini della cisterna.

Nella parete immediatamente contigua questi fu ricavato uno spazio nello spessore della muratura esistente preceduto da due gradini punto

L’ambiente buio era illuminato da flebili lucerne posizionate in nicchie ricavate nei muri laterali.

I fedeli venivano accolti dai ritratti di due dadofori: Cautes, con torcia alzata, che simboleggiava il giorno, l’aspetto positivo dell’esistenza, e Cautopates, con la torcia abbassata, a rappresentare il tramontare del Sole e la morte.

L’ambiente sorvegliato dai dadofori era chiuso da un divisorio, costituito da tavole incassate nel muro e da tendaggi che celavano la vista dell’altare.

Al fondo era l’immagine affrescata della scena mitraica dai colori intensi.

All’interno i fedeli prendevano posto sui sedili, di cui rimangono tracce ai lati del pavimento e sui muri, e partecipavano alle cerimonie e al banchetto rituale che venivano officiati dal Pater, la guida della comunità e rappresentante del dio mitra sulla terra.

L’identità di uno dei pater della comunità di Marino potrebbe essere rivelata dall’iscrizione presente sul Cippo votivo di Peperino posizionato davanti alla fresco.

E’ vietata la riproduzione anche parziale di immagini e foto.

La curiosa storia del suo ritrovamento in una cantina di Marino nel 1962

Nella primavera del 1962 Vincenzo Zoffoli, che due anni prima aveva comprato una cantina da Argeo Vergari in via Borgo Stazione 12 a Marino, dava inizio ad uno scavo già previsto nella compravendita, per l’ampliamento della cantina con una nuova grotta per la conservazione del vino.

Fortunatamente o sfortunatamente per lui, dietro un muro, scoprì un locale lungo più di 26 metri e largo 3,10, con una volta a botte ribassata alta 3 metri. Sarebbe bastato scavare qualche metro a destra per non rinvenire questo locale.

Possiamo immaginare lo stupore e la meraviglia dei presenti, nel percorrere al buio  quello strano corridoio, dove il tempo si era fermato per duemila anni, e alla fine trovare uno strano affresco dai colori vividi tra lo stupore e la meraviglia dei presenti.

In terra, di fronte alla pittura, trovarono anche un’altro reperto: un blocco di peperino, squadrato, rozzo nella manifattura su cui si potevano intravedere delle lettere al momento incomprensibili. Alto 120 centimetri e largo 32,5 con incisa su di un lato la seguente scritta:

INVICTO DEO CRESCES ACTOR ALFI SEBERI D P

(Al dio invitto pose come dono Cresces, amministratore di Alfio Severo).

Marino: "Vendesi affresco"

Il 6 febbraio del 1963 in un enigmatico articolo in apparso sulla  terza pagina senza  firma de Il Messaggero dal titolo: “Un tempio di Mithra nella cantina di un vinaio” e sempre sullo stesso giornale, nella rubrica “Antichità, oggetti d’arte e libri”, qualche giorno dopo fu pubblicato il seguente annuncio: “AFFRESCO del 50 dopo Cristo Dio Mithra vendo ad amatore“.

Diffusasi la notizia, il proprietario fu pressato dalle autorità competenti per non aver dato cenno della scoperta, e questo gli pregiudicò il riconoscimento del premio spettante a chi segnala scoperte di alto interesse storico ed artistico.

Così il soprintendente Iacopi comunicò alla Direzione Generale Antichità e Belle Arti del Ministero della Pubblica Istruzione, nel febbraio del 1963 l’importante scoperta archeologica avvenuta a Marino.

Nel 1972 finalmente lo Stato acquisiva il Mitreo.

Dal 25 settembre 2021 il Mitreo di Marino è visitabile in via Borgo della stazione , 12 a Marino. L’accesso avrà un costo di 8 euro per chi viene da fuori. La visita sarà disponibile solo su prenotazione in quanto l’area archeologica è visitabile per un tempo limitato e accessibile a gruppi di 15 persone (guida inclusa).

E’ vietata la riproduzione anche parziale di immagini e foto.

Testi di Enrico Di Lernia e Wikipedia.